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La nonnina miliardaria

Quest’anno mi è capitato di organizzare un funerale alquanto particolare.

Il mio avvocato E.F., che oltre ad essere il mio avvocato è anche un mio grande amico, mi telefona alla fine di ottobre del 2013, preannunciandomi che una sua assistita versa in gravi condizioni in una casa di riposo della collina torinese…

Vado a trovarlo per avere qualche informazione in più e per prepararmi in maniera adeguata all’organizzazione del futuro funerale. E lui mi racconta la storia della Signora A.

Vedova di un facoltoso dirigente di banca, alla morte del marito – avvenuta nei primi anni ’90 – cade in uno stato di prostrazione psichica dovuta alla perdita del coniuge, fino al punto di non nutrirsi più e trascurare ogni igiene personale…

Il mio amico avvocato, il cui padre era grande amico del marito della Signora A., se ne prende cura facendosi delegare dal giudice come suo tutore. Nonostante le sue premurose cure e quelle di una sua assistente, la situazione peggiora ulteriormente, sino a dover provvedere alla sistemazione della Signora A. in una struttura più organizzata, che offra un’assistenza più adeguata al suo stato precario.

La Signora A. passa le sue giornate a dipingere quadri quasi fanciulleschi e scrive poesie, anch’esse semplici e alle volte senza un significato intelligibile. Gli unici affetti che le rimangono sono le attenzioni delle infermiere e delle operatrici dell’istituto, oltre all’amorevole attenzione dell’avvocato e della sua assistente.

Alla vigilia di Natale mi arriva la fatidica telefonata: il mio amico avvocato mi chiama un po’ triste e un po’ concitato per dirmi che la sua assistita si è spenta ed io dovevo muovermi per organizzare le sue esequie.

Mi avverte anche che, probabilmente, al funerale non avrebbero partecipato molte persone: sia perché, per via dell’età molto avanzata e dei problemi psichici, gli amici della Signora si erano dileguati; sia perché parenti e conoscenti si erano dimostrati molto più interessati alla cospicua eredità che ci sarebbe stata da spartire, che non al dramma umano di una persona rimasta sola per più di venti anni.

Il giorno delle esequie, nella camera ardente da noi allestita ci sono le due badanti, l’assistente dell’amico avvocato e il sottoscritto: un po’ pochi ma visibilmente commossi.

Mi dico tra me che sicuramente al Tempio Socrem, alla cerimonia di cremazione, qualcuno si sarebbe fatto vedere, quantomeno un atto di presenza…

Arriviamo al Tempio all’ora stabilita per l’ingresso. La Mercedes Limousine bianco panna, lucida e fiammante, che trasporta le spoglie della povera signora A., si ferma accanto a noi. Aspettiamo e aspettiamo ancora, ma nessuno si presenta all’appuntamento, nonostante i parenti fossero stati diligentemente avvertiti dal mio amico.

Quando le note della “lacrimosa“ di Mozart riempiono il Tempio, uno sguardo triste scorre tra me, l’amico avvocato e la sua assistente P.

L’ultimo saluto alla povera, ricca Signora A. l’abbiamo tributato solo noi.

Alla fine, giovani o vecchi, ricchi o poveri, quando passiamo di là dal velo siamo sempre inesorabilmente soli…

Alberto Grassotti