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La dispersione delle Ceneri nel Paese dei cento campanili

Si fa presto a dire “dispersione delle Ceneri in natura”, nel Paese dei cento campanili.

In realtà il panorama in materia è tanto irregolare che a confronto le Alpi paiono le placide colline delle Langhe piemontesi.
Si deve fare i conti con la Burocrazia, quella con la B maiuscola (e B sta per borbonica, per capirci), quella che non segue neanche la più logica delle ragioni, e anzi la ragione la disconosce…

Così accade ad esempio che all’ombra della Mole la dispersione delle Ceneri in natura sia possibile solo all’interno del Cimitero Monumentale, a Moncalieri sia categoricamente vietata e sia invece concessa nella vicina Pecetto, ma con riserva: fuori dalle mura del cimitero si, ma solo in un’area delimitata, adiacente ad esso. E così via…

Era cominciato così il Funerale di Marilena, mancata a Moncalieri all’età di 72 anni: c’era la volontà precisa dei famigliari, ma tutt’attorno regnava la confusione. La confusione “regolamentata” dei Comuni, appunto.

La richiesta era quella di un Funerale essenziale, la Cremazione e la dispersione in natura, secondo i desideri della defunta.
“Visto che non ha potuto decidere come andarsene, vorremmo quantomeno rispettare le sue ultime volontà” ci aveva detto il genero, un po’ basito di fronte a tanto fiscalismo.

Dopo svariate telefonate ed altrettanti dinieghi, a sbloccare la situazione era poi entrata in gioco una coincidenza favorevole: ci ricordavamo che Coassolo, nelle Valli di Lanzo, rientrava nella cerchia dei Comuni “illuminati” che avevano normato la dispersione in natura, e proprio nel vicino e più popoloso Comune di Lanzo Torinese la nostra Marilena aveva lavorato come insegnante molti anni addietro.
Era un luogo significativo nella vita della defunta: non restava che confidare anche per Lanzo nei benèfici influssi delle Valli, allora.

Andò bene, a Lanzo la dispersione era consentita e, tempo una settimana, dopo la Cerimonia di Cremazione Socrem, ci trovavamo in paese per spargere le Ceneri di Marilena.

A pochi chilometri di distanza dai paesi che ci avevano negato la dispersione in natura, qualche regolamento comunale più in là, c’era Lanzo, che non solo ce l’aveva concessa, ma ci aveva anche dato la possibilità di fissarla per un giorno a nostro piacimento, all’ora che ci era più comoda, addirittura senza l’obbligo di essere accompagnati da un Ufficiale di Stato Civile.
In un luogo oltretutto molto suggestivo: un ponte costruito nel quattordicesimo secolo, in una stretta gola con le pareti a precipizio sulle acque della Stura. Non un ponte qualsiasi, il ponte del Diavolo: piccola nota (stonata, è proprio il caso di dirlo) di colore.

Il parco circostante ci aveva accolto nella sua veste autunnale più romantica. I familiari della defunta avevano scelto di disperdere le Ceneri della loro cara sul greto del fiume, quindi scendemmo improvvisando un sentiero un po’ troppo impervio per le nostre scarpe da città.
Arrivati a riva, c’era un clima davvero particolare: il ponte visto dal basso dominava il nostro sguardo, e la gola era invasa da una leggera nebbiolina che donava all’ambiente un’atmosfera sospesa, quantomai adeguata.

Mentre i familiari adagiavano le Ceneri sul corpo della Stura, una componente della “spedizione” ci raccontò che Marilena da giovane passava ogni giorno nei pressi del ponte, per recarsi a lavoro.
La risolutezza dei suoi cari, la nostra perseveranza e qualche fortunata coincidenza erano dunque state ripagate: con piena soddisfazione di tutti, avevamo chiuso il cerchio.

Ce ne andammo mentre le Ceneri di Marilena diventavano un tutt’uno con l’acqua del torrente.
Prima di montare in auto per fare ritorno in città, ci fermammo a pensare: lasciate da parte le questioni religiose, di fronte alla celebrazione di oggi, alla partecipata intensità di questo addio, chiunque avrebbe abbandonato lo scetticismo e guardato con occhio favorevole la pratica della Cremazione.

 

Alberto Grassotti