Skip to content

La tanatoprassi: una professione emergente per i giovani

La tanatoprassi, parola di derivazione greca, indica le cure rivolte alla salma. È un trattamento che consiste nella cura igienica di conservazione del corpo dopo la morte.

La figura del tanatoprattore è multidisciplinare, in quanto la materia contempla varie discipline: chimica, anatomia e anche concetti di psicologia nei confronti delle famiglie…

Di fatto il tanatoprattore, pur lavorando sul corpo dei morti, svolge la sua attività a beneficio dei vivi. Non è difficile capire, quindi, come siano importanti e delicate le mansioni affidate a questa nuova professione emergente: i parenti del defunto avranno un ultimo ricordo più piacevole e meno traumatizzante, i familiari vedranno il loro caro come in realtà era da vivo.

Per scoprire di più intorno a questa professione, incontriamo uno dei più validi e richiesti tanatoprattori che operano a Torino. Si chiama Vincenzo Coratella, ha 34 anni, uno sguardo dolce e un aspetto curato, un fisico che sembra minuto per i suoi modi garbati e delicati. Ma ne traspare anche un carattere forte e determinato…

Di lui Alberto Grassottititolare della Grassotti Onoranze Funebri – una delle agenzie a cui Vincenzo presta i suoi servizi – mi traccia un quadro professionale molto lusinghiero: “Mi ha stupito la cura, l’amore, l’affetto che Vincenzo ha nei confronti della sua professione, il garbo con cui si rapporta alle salme in primis e verso i familiari del defunto, nel gestire un lavoro molto particolare e delicato. Le salme devono essere trattate in un determinato modo per far sì che le persone che stanno attorno, i familiari, vengano impressionati il meno possibile da quelli che sono i segni della morte”.

D: Vincenzo, come hai scoperto questo lavoro e questa “vocazione”?

Vincenzo: Ho intrapreso il mestiere di tanatoprattore – diciamo anzi di tanatoestetista, vista l’attuale legislazione italiana – un po’ di anni fa, quando, lavorando presso un’azienda torinese nel settore delle onoranze funebri, mi sono affacciato su questo nuovo mondo…Io provengo dalla musica: ho studiato musica, facevo il musicista di professione e mi trovavo qui a Torino per un’audizione in RAI. L’audizione non era andata a buon fine, ma mi ero fermato qui lo stesso perché avevo conosciuto la mia attuale compagna. Dovevo trovare lavoro… e ho pensato di dedicarmi alle famiglie e di lavorare presso un’onoranza funebre.

A. Grassotti: Tutto gira sempre intorno all’amore…

Vincenzo: Io ho un concetto molto particolare della morte. In occidente tutti hanno paura di parlare di morte, ma per me fa parte della vita, è solo un proseguimento della vita. Il nostro corpo è solo quello che in vita fa da contenitore, un vaso bellissimo che ha all’interno un’anima. Nel momento in cui quell’anima viene a mancare, il contenitore non va visto come un vaso vecchio e inutilizzabile, bensì bisogna mostrarlo ai parenti in modo bello e decoroso. Ha portato una storia dentro di sé, è fatto di ricordi verso i familiari… Con la musica si esprime un amore, un immedesimarsi in una situazione, la musica è fatta di frasi… Io ho ritrovato questo, ho riportato la musica, l’amore, nel mio lavoro. A me piace tanto, nel momento in cui mi confronto con i familiari, far parte della famiglia: voglio che in quel momento la famiglia riconosca il bene che sento verso il loro caro, in modo da presentarlo, fino al giorno delle esequie, in modo bello, semplice, pulito.

A. Grassotti: Ci sono due temi che si rincorrono… Il tema dell’amore e il tema della passione. Si può interpretare un brano musicale con amore, e risulterà alle nostre orecchie di un certo profilo e di un certo livello. Così come si può interpretare la propria professione con passione, e sicuramente le persone che ci girano attorno distingueranno coloro che lo fanno. Vincenzo Coratella ha una grandissima passione, ci mette un grandissimo amore nel suo lavoro. Io l’ho notato, le famiglie lo notano. C’è una differenza sostanziale tra chi lo fa per mestiere e chi lo fa per passione.

D: Vincenzo, mi viene da pensare che per imparare un mestiere simile ci voglia un bravo maestro. E poi bisogna vedere come si reagisce di fronte alle difficoltà, tipo avere a che fare con i corpi martoriati di persone morte in incidenti o dopo una lunga malattia…

Vincenzo: Quando ho iniziato ho avuto delle difficoltà, logicamente: nelle prime vestizioni, nei primi trattamenti. Ma le ho superate grazie a un buon maestro che ho avuto per due, tre anni. Mi ha affiancato, mi ha fatto capire come, quando si possono fare determinate cose e quando non si possono fare. E anche successivamente i corsi mi hanno portato a ‘staccarmi’: in quel momento sto facendo un lavoro, in quei momenti io dimentico i miei sentimenti. I sentimenti li metto al termine del mio lavoro, quando mi occupo dei particolari, come il trucco, il mezzo sorriso sul volto di un defunto. Ci sono poi trattamenti particolari, nel caso di morti violente: in tali casi si ricorre ai trucchi del mestiere che impari non soltanto sui libri, ma soprattutto in laboratorio. Ho avuto l’opportunità di partecipare a laboratori con professionisti affermati e noti a livello mondiale, dove si va a mettere in pratica tutto quello che si è studiato sui testi, e dove viene fuori tutta l’esperienza di una persona. Faccio un esempio: gli incidenti stradali. Si può immaginare cosa può succedere a un corpo. Bene, le parti visibili devono essere trattate, quindi vengono usati dei ceroni particolari – non i classici trucchi che si usano per i vivi – perché comunque la pelle non è una pelle viva, c’è un’acidificazione e una vaporizzazione dei liquidi.

D: A questo proposito ci sono varie controversie, anche a livello legislativo. C’è chi sostiene che le sostanze usate per ‘conservare’ i corpi, una volta inumati e cominciato il processo di decomposizione, siano molto resistenti, tossiche e inquinanti per il terreno e le falde acquifere. Tu che esperienza ne hai?

Vincenzo: Sono dei prodotti a base chimica, ad esempio la formalina (o formaldeide), ma in ogni paese esiste una legislazione che ne fissa i margini di tolleranza e ne normatizza l’uso. È giusto precisare che la tanatoprassi non è da confondere con l’imbalsamazione perpetua (oggi di moda negli Stati Uniti d’America, n.d.r.) ma è un metodo di conservazione temporanea: fa si che le salme trattate con tale tecnica, possono essere conservate dai 10 ai 15 giorni prima della sepoltura, rimanendo intatte in qualsiasi tipo di ambiente.

D: Come vieni accolto in casa? In fondo sei un estraneo che arriva in una situazione assai intima e delicata. Le persone ti lasciano da solo con il defunto o ti stanno vicino e osservano ciò che fai? C’è sempre buio e silenzio, oppure qualche volta c’è luce e… musica?

Vincenzo: Quando entro in famiglia tutta la mia attenzione va alle persone che mi accolgono. Dal loro tono di voce, dagli sguardi, dai gesti cerco di intercettarne lo stato d’animo, di sciogliere la tensione e far sentire loro che sono a disposizione per aiutarli a rendere onore al loro caro… Di solito i familiari hanno già scelto l’abito per la vestizione, ma prima la salma va lavata e ricomposta: c’è tutta una ginnastica ‘dolce’ da praticare al defunto per sciogliere i tendini e le articolazioni dal ‘rigor mortis’. Poi guardo con molta attenzione anche le fotografie di quando era in vita e ad esse mi ispiro per restituire al suo volto quell’espressione particolare e personale, un’espressione distesa e di pace. E l’essere in fondo un musicista mi aiuta molto per entrare in armonia con le persone e le situazioni… Si, di solito regnano silenzio e penombra, come forma di rispetto per il defunto e la sacralità della morte. Ma recentemente mi è capitato di lavorare ascoltando la Quinta Sinfonia di Beethoven, perché era il pezzo preferito dal defunto e i familiari lo avevano messo in suo onore. È stato meraviglioso lavorare così: la musica dà sempre un’ispirazione particolare, diciamo che trasmette uno stato di grazia.

D: Si resta affascinati a sentirti parlare così del tuo mestiere. Viene in mente quello stupendo film premiato con l’Oscar, Departures, di Yogiro Takita. Allora Vincenzo, ti senti di consigliare questo mestiere ai giovani?

Vincenzo: Certamente! Anzi faccio un appello: venite che ce n’è bisogno, c’è tanto lavoro. Dimenticatevi la figura del vecchio becchino triste e vestito di nero! Oggi in questo settore lavorano per lo più dei giovani, e in particolar modo mi rivolgo alle donne: incontro sempre più colleghe brave che prima facevano le estetiste e adesso hanno scoperto questa nuova professione. In Italia siamo in attesa che venga ratificata la famosa proposta di legge 1611 del 2014 che disciplinerà la materia. Per adesso esiste una sola scuola ufficiale che conferisce un titolo professionale riconosciuto, l’ I.N.I.T. (Istituto Nazionale italiano di Tanatoprassi) a Roma. Il corso dura tre anni ed al termine si sostiene l’esame finale di abilitazione. Nel frattempo però si può già praticare come tanatoesteta con le agenzie di onoranze funebri, occupandosi della toelettatura della salma: barba, capelli, lavaggio, vestizione, ecc. Anche economicamente è un lavoro che può dare grandi soddisfazioni, se ci si dedica con passione.

Intervista a cura di Paolo Messerklinger.